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sabato 31 ottobre 2009

Fumetto: RAT MAN

Un'intervento un po' diverso dal solito da parte di Alfredo Goffredi...
Niente recensioni, analisi o quant'altro, solo cinque minuti per fermarsi e pensare. Ieri sono stato a un incontro con Leo Ortolani e, in una selva di classiche domande banali da incontro, è stata illuminante una frase di Ortolani che faceva più o meno così:«Quando iniziai a scrivere Rat-Man pensavo che un fumetto comico dovesse solo fare ridere. Poi mi sono accorto che non era sufficiente». Ortolani è uno che ha capito tutto. La mia impressione principale, purtroppo, è che la gente, mesmerizzando su di lui il contenuto di Rat-Man, lo consideri un pagliaccio. Ortolani, invece, che di sicuro un pagliaccio non è, dimostra invece di essere un ottimo giullare. In perfetta confidenza con la propria arte (che, comunque, non significa che le storie calino dall'alto, poiché la ricerca e lo sforzo sono qualcosa con cui è inevitabile trovarsi a fare i conti), il giullare era una sorta di televisione intelligente, che non mancava mai di punzonare il signore che lo ospitava alla sua corte. Ortolani è un giullare e la sua corte è ampia e comprende diversi aspetti della vita del nostro paese. La presa di coscienza di Leo Ortolani sulla situazione di Rat-Man e, in generale, della comicità, è facilmente estendibile (e dovrebbe essere allargato con più solerzia e attenzione) al fumetto in generale. Il che può essere letto come "per essere efficace il fumetto ha bisogno di altro al di là di quello che racconta". Una di queste cose è la volontà di dare un indirizzo a chi legge, è un progetto che abbia un inizio e, necessariamente, una fine, che segua un percorso e punti a qualcosa di preciso. In Rat-Man questo c'è, come lo stesso Ortolani ha chiaramente affermato: è un percorso che necessariamente deve essere chiuso (questo, teoricamente, non solo per il personaggio ma anche per l'autore) se vuole avere un senso reale; e se quindi Rat-Man doveva concludersi con una presa di coscienza del protagonista che lo portasse a poter finalmente essere se stesso e non dividersi tra vita reale e vita supereroistica, configurandosi quindi come una sorta di romanzo di formazione, per quanto il bersaglio sia cambiato il progetto resta.
Ortolani è uno che ha capito tutto, perchè ha capito che per fare fumetti bisogna guardarsi attorno, perchè se ognuno guarda solo il proprio percorso non si va da nessuna parte.
Il governo annuncia oggi che la crisi inizierà a finire, ed è difficile crederlo quando una simile affermazione è, con netta probabilità, vincolata esclusivamente ad una matrice economica e finanziaria e che il piano per la rinascita non passa per un'analisi attenta dei problemi della gente comune.
Stamattina camminavo per strada e ho assistito a questa scena: una signora, per rincorrere un autobus, ha inavvertitamente fatto cadere il cellulare che - come è ovvio - si è aperto in tre parti (le due parti della scocca e la batteria). Stamattina, per la prima volta in vita mia, ho visto un autobus fermarsi realmente e attendere una persona che aveva bisogno. Che senso ha questo?
Credo che il senso sia: il fumetto non deve promettere ma, casomai, lasciare intravedere quale può essere la possibile via d'uscita; il fumetto non deve fare promesse ma deve osservare e fare riflettere.