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martedì 13 aprile 2010

Fumetto: Cosa ci fanno le gondole nell'Arno?

Il quesito di Pasqua posto da Mindtheclosure ha avuto un notevole successo e merita un approfondimento...
Cosa ci fanno delle gondole nell’Arno?
Ma anche, cosa ci fa Ponte Vecchio (con tanto di edifici circostanti) a Venezia?
Misteri del fumetto. Probabilmente quella che abbiamo visto in Batman 665 è una realtà alternativa della Terra e Bruce Wayne può permettersi di passeggiare su Ponte Vecchio e al contempo trovarsi a Venezia.
Forse ce l’ha fatto portare lui perché è fottutamente ricco e le Wayne Industries sono maledettamente potenti e influenti al punto da poter scardinare Ponte Vecchio e l’Arno (non so come ma loro potrebbero farlo, troverebbero un modo) e trapiantarlo a Venezia.
O forse ancora ha acquisito il dono dell’ubiquità, oppure ha imparato a muoversi nel Bleed con una maestria che la sua percezione di due località differenti in cui si trova vengono a coincidere nella sua rappresentazione.
Oppure è un errore grossolano e totalmente superficiale di Kubert. O di Morrison, ma trovo difficile che abbia mandato a Kubert una foto di Ponte Vecchio dicendogli “qua mettimi questo ponte”. Quindi a naso darò la colpa a Kubert, anche se non mi è ben chiaro quello che è successo, dal momento che Googlando “bridge + venice” non esce fuori alcuna foto di Ponte Vecchio.
Magari era convinto che fosse a Venezia e ha cercato direttamente una foto del ponte … o magari è andato a memoria, ma dubito visto che gli spazi degli edifici sono troppo precisi.
Nell’era di internet è possibile avere accesso a un’immagine di qualsiasi cosa, ogni luogo, palazzo, ambiente o spazio è visibile a qualsiasi persona in grado di connettersi.
Google map, Google Earth, Google streetview. Devo aggiungere altro?
Nell’era di internet tutti sanno di tutto, eppure l’errore è sempre dietro l’angolo.
Non mi è chiaro come mettere insieme tutte queste cose, non so come intrecciarle e dove puntare il dito, dove bisturare e cosa esporre alla luce come cuore di ciò che mi sembra un tremendo errore concettuale.
La faccio troppo grossa? Spero di no. E prima che qualcuno mi tacci di eccessivo nazionalismo, perché non è questo il punto: credo che questo pezzo ci sarebbe stato anche se la tavola avesse mostrato carri armati a Trafalgar Square con scritto in didascalia “Moscow”. E magari ce ne sono stati cento altri in passato di cui non mi sono accorto e per i quali avrei volentieri sbottato, ma non li ho notati o ero troppo distratto o chissà cos’altro; di questo mi sono accorto e di questo parlo.
Il fatto è che io non penso che un errore talmente grossolano sia tollerabile, perché mi porta alla mente i vecchi luoghi comuni spaghetti-pizza-mandolino. A dire che di una cultura si conoscono tre cose e le si ripropone continuamente senza fare il minimo sforzo di conoscere una quarta o una quinta o una decima o una centesima. Ma nemmeno una terza e mezzo, tipo spaghetti al pesto.
E siamo ancora qui dopo… oddio dopo quanti anni? boh, comunque dopo TROPPI anni ancora andiamo avanti a luoghi comuni?
Si so che c’è un ponte molto cool che ha i negozi e da sul fiume. Secondo me era a Venezia. Non può che essere a Venezia, no? Beh allora… che diavolo, ce lo metto.
E così ce lo mise. Sbagliando. (S internet – ok ammetto di non essermi strappato i capelli per cercare ma i miei dieci minuti di googlaggio ce li ho messi – non ho trovato niente in merito). Ovviamente questa è solo una possibile ricostruzione di come possono essere andate le cose, che rimarranno oscure a meno che sia Kubert a svelarci l’arcano.
Un errore del genere è un segno di superficialità che un artista di livello internazionale non dovrebbe permettersi; è un’offesa al lettore e alla sua intelligenza, ed è l’ennesima prova di come il fumetto venga preso alla leggere anche dai professionisti.
È la faccia di quella fetta di fumetto che nasce dalla volontà di sensazionalismo. Un personaggio come Bruce Wayne deve necessariamente stupire, perché è sfondato di soldi e tutto il resto, ed è la sua stessa identità civile che necessita di avere un taglio frivolo e dispendioso. Uno modo efficace per dare questa idea è farlo viaggiare – viaggi di piacere, s’intende – un sacco anche all’interno di un singolo arco narrativo, giusto per spezzare.
Ma se spettacolarizzazione ed “esotismo” (o “estero”, per farla più semplice) vanno a braccetto, se per forza si vuole mettere sul piatto qualcosa di cui non si ha esperienza diretta (e in questo caso potrei affermare senza molti dubbi che non c’è stata) allora non lo si può fare alla leggera, o il risultato sarà un’inevitabile caduta di stile.
Non chiedo una storia che sia in tutto e per tutto reale, ma che sia realistica laddove l’intento grafico-narrativo di una sequenza ricerca un carattere realistico. Perché spingere fino a fondo il pedale del realismo e riportare sulla pagina una struttura architettonica in maniera quasi perfetta e poi sbagliare totalmente la sua collocazione?
Dopo più di cento anni di fumetto possiamo permetterci di fare le cose alla carlona?