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domenica 20 giugno 2010

Fumetto: Greendale

Se c’è una cosa che adoro è quando un cerchio si chiude.
Anni fa (ma tanti, potevano essere dieci, non meno di otto comunque), a un intervista che sentii o lessi non ricordo più dove,Davide Toffolo, fumettista italiano e frontman della band Tre Allegri Ragazzi Morti, dichiarò che tra gli album fondamentali per la sua formazione personale e musicale stava Harvest (non so se addirittura l’avesse messo in cima alla propria classifica, ormai la memoria è quel che è) diNeil Young.
Qualche giorno fa – ecco che si svela la chiusura del cerchio – è finalmente uscito nelle librerie di tutta America Greendale, graphic novel scritta da Joshua Dysart e disegnata da Cliff Chiang, tratta dall’omonimo concept album del cantautore di Toronto, che ha strenuamente partecipato – a detta di Dysart – alla realizzazione della storia. Il massimo sarebbe una qualche dichiarazione del tipo “Fregoli di Davide Toffolo è il motivo per cui ho pensato a un adattamento di Greendale”. Non credo che accadrà, quindi mi accontento.
Venendo al punto. Non ho ancora letto
Greendale ma ne ho letto un po’ oggi e, per quanto sia un po’ insolito, mi interessava ragionare su un paio di considerazioni espresse da Dysart nell’intervista condotta da Michael Lorah di Newsarama.

Partiamo dall’inizio.
Nel 2003 esce Greendale, concept album di Neil Young che ruota attorno alla famiglia Green. Personalmente non conosco l’album e non ho modo di sentirlo ora quindi mi limiterò a quello che è possibile trovare in rete. In pratica la saga della famiglia Green è ambientata in California e coinvolge temi come l’umanitarismo, l’ambientalismo e la corruzione, risentendo fortemente del post-9/11.

Così scrisse il "Washington Post" il
20 agosto 2003:
Greendale racconta laboriosamente il declino dei Green, una famiglia Californiana braccata fino alla tragedia dai media e dai poliziotti. Il guaio inizia quando il giovane Jed Green viene tirato fuori dalla propria auto per non aver rispettato un semaforo mentre trasportava una considerevole somma di cocaina e marijuana. Nel panico, invece di consegnare patente e libretto, spara a un poliziotto e finisce così in prigione. Questo porta a una frenesia di attenzione da parte delle emittenti televisive (1)
Young da sempre è interessato a raccontare la storia di persone reali, tangibili (come dirà poi anche Dysart mentre si trova al lavoro suGreendale), benché David Segal del "Post" le definisca – in questo caso – più allegoriche che realistiche.
Poi ovvio, la recensione è sempre una cosa soggettiva, quindi "The Guardian" (
15 agosto 2003) lo canzona bollandolo di mancanza di senso, mentre tre giorni dopo Neil Strauss del "New York Times" lo difende, lo distingue dalle opere rock che lo hanno preceduto e, verso la fine, spende addirittura la parola “successo”.
Questo giusto per avere un’idea.

Nel 2007 Joshua Dysart inizia a lavorare all’adattamento di
Greendale. Da un’intervista per Newsarama, Dysart elogia il lavoro di Young e lo mette da parte pur tenendolo stretto, dicendosi infatti interessato ad indagare la parte non raccontata dell’album. In pieno stile Vertigo, quindi, inserisce la componente mistico-magica – in qualche modo potenziando quanto già accennato dalla narrazione realista di Young – creando una storia che le contenga tutte (intendo i dieci brani che compongono il disco), che crei rimandi e connessioni ma che, per l’appunto, non si limiti ad intrecciare quanto già detto.
Questo è usare la scrittura in modo intelligente, ma del resto Dysart ci ha già dimostrato di esserlo con
Unknown Soldier; non che ora si debba prendere per oro colato tutto quello che scrive, ma almeno conoscendone le potenzialità all’inizio si è consci di quello che ci si può aspettare e del livello che può avere.

Ecco. Ora siamo arrivati a quello che mi interessava considerare, al nocciolo del nostro discorso.
Michael Lorah l’8 giugno intervista Joshua Dysart, che nel finale dice alcune cose abbastanza interessanti. Già nel 2007 Dysart aveva affermato la forte politicizzazione di Greendale. A distanza di quasi tre anni il senso di questa presa di posizione si fa più esplicito.
La domanda conclusiva che Lorah pone a Dysart è la seguente:
Greendale uscì nel 2003 e fu fortemente influenzato dall’accumularsi della guerra in Iraq e della politica di G.W. Bush. Pensi che l’album, e per estensione la graphic novel diGreendale, mantenga la propria rilevanza ai nostri giorni? (2)
La risposta dell'autore:

Questa è la grande domanda. Questo è ciò con cui ho lottato. Questo libro è di qualche rilievo? Lo stavo scrivendo nel 2007, e anche allora mi ponevo la stessa domanda. Così ho cercato di renderlo specifico per l’epoca, ma anche legato al grande arco politico di questo paese e all’arco politico delle persone in generale. Ho visto alcune recenti recensioni su Amazon e la gente si lamentava del fatto che fosse un attacco all’amministrazione Bush. Quella non era esattamente la mia intenzione. Era mia intenzione attaccare – per mancanza di un termine migliore – l’impostazione mentale dei conservatori. […] Ti dico qualcosa di interessante, però: quando sono tornato a lavorarci per il lettering e ho notato come ho scritto le battute di Sun – e sono battute che ho scritto nel 2007 – utilizzando un sacco di parole chiave ora utilizzate da Obama. Speranza e cambiamento. Ho pensato che era davvero interessante. Era affascinante che fossimo incappati nelle tematiche per cui la sinistra era infuriata, perché quel linguaggio per Obama aveva funzionato definitivamente. Lo stavamo usando nel 2007 e questo mi da qualche speranza di aver trovato nel libro una connessione senza tempo alla politica nel libro […] Un altro esempio è come nel demonizzare le compagnie petrolifere abbiamo trovato un villain senza tempo… come è stato messo in evidenza dall’incubo del Golfo [del Messico, ndme] proprio ora.(3)


Una storia, quindi, in grado di andare oltre i tempi, grazie al suo concentrarsi su problematiche che, come dice l’autore, sono attuali e – forse – costanti nella storia dell’uomo (o perlomeno lo sono dal momento in cui compaiono). Una storia che già al momento zero ci da un’idea di come le cose che vanno cambiate di fatto poi non cambiano. Una storia che segna un giro di boa per il lassismo di una classe politica nell’affrontare in modo serio ed efficace tutta una serie di problemi. Una storia che, volente o nolente, per caso o per scelta – mai credere in tutto e per tutto a quello che uno scrittore dice a un intervistatore – si inserisce nel solco di un (tentativo di) cambiamento, e che anticipandone i punti chiave mette in luce come siano questi i punti su cui vale la pena di impegnarsi.

Aspetto di poterlo leggere e poi se ne parla meglio… o forse no, ma comunque vi saprò dire se soddisfa le aspettative.